Contro chi vorrebbe trasformare le persone in cose ->
articolo di Mario Adinolfi L’inferno avanza e ne vediamo i segni. Vediamo crescere l’offensiva di una visione antropologica che, nell’attacco alla famiglia naturale, dissimula l’ambizione di fondo: trasformare le persone in cose.
Eppure riusciamo a resistere, eppure ci arriva la forza che ci consente di resistere. Più i mass media, i politici, il potere affondano la loro lama provando a trasformare il falso in vero, inducendo persino una campagna di lavaggio del cervello nelle scuole presso i più piccoli imperniata sull’ideologia del gender, più il popolo organizza la sua resistenza.
Quando vogliono convincerci con la violenza dei loro mezzi più subdoli, con i loro programmi tv, con le loro paginate sui giornali, che persino vendere e comprare bambini sia cosa buona e giusta, basta chiamarla in inglese “stepchild adoption” per confondere le acque, improvvisa spunta la risposta popolare, di piazza, clamorosamente partecipata: è stato il 20 giugno di San Giovanni, il comitato Difendiamo i nostri figli, un milione di persone a dire no al gender nelle scuole e al ddl Cirinnà.
Già, il ddl Cirinnà, quel testo sulle “unioni civili omosessuali” che sarà il terreno di battaglia del 2016. Persino le femministe si sono rese conto di quanto sia violento questo disegno di legge, di come l’articolo 5 che prevede l’adottabilità del figlio naturale del compagno gay da parte del partner, non sia altro che la legittimazione della pratica di utero in affitto seppure svolta all’estero. Rendendosene conto, le femministe hanno protestato, finalmente, dopo che per un paio d’anni lo avevamo fatto quotidianamente tra gli insulti di troppi ciechi e di qualche imbroglione, tipo quel senatore che la pratica di utero in affitto all’estero l’ha svolta e ora la vorrebbe vedere legittimata in Italia proprio tramite il ddl Cirinnà.
Poi questi politici che giocano alle tre carte vorrebbero far sparire i riferimenti all’utero in affitto, vorrebbero che non se ne parlasse, utilizzano espressioni ambigue come “gestazione per altri” e si coprono con la lingua inglese definendo l’istituto, appunto, “stepchild adoption”. Ma il popolo ormai è informato e non si fa fregare, reagisce e si mobilita. Resiste. Non accetta che la donna possa essere considerata uno strumento per una coppia di ricchi, che la maternità possa essere un bene commerciabile, che il neonato possa essere strappato dal seno della madre che lo ha partorito per essere consegnato a due che se lo sono comprato.
Contro lo sterminio dei prodotti “sbagliati”. Le persone non sono cose, perché se vince questa visione antropologica infernale, poi le fiamme arrivano in terra, le cose fallate si eliminano, le persone “sbagliate” si scartano. La tragedia che va dall’aborto alla soppressione dei bimbi malati tramite l’eutanasia pediatrica, alle forme di suicidio assistito che infestano l’Europa dalla Svizzera all’Olanda, è tutta figlia di quella che papa Francesco definisce “cultura dello scarto”, frutto delle formule ideologiche che trasformano le persone in cose.
La Danimarca, primo paese ad aver introdotto in Europa il matrimonio omosessuale con i relativi diritti di filiazione tramite transazioni commerciali, ha oggi un progetto governativo che si chiama “Down Syndrome free” che prevede entro il 2030 l’azzeramento delle nascite di bambini affetti dalla sindrome di Down, con una campagna di diagnosi prenatali che conducono a un sostanziale aborto forzoso. Già nel 2014 in Danimarca solo due bambini Down hanno visto la luce perché voluti dai loro genitori, trentadue sono nati per “errata diagnosi”, milleseicento sono stati abortiti.
Se le persone sono cose, le cose fallate si eliminano. Alla visione antropologica che trasforma le persone in cose occorre dire in italiano un chiaro no. Ora e sempre, resistenza.
FONTE: http://www.tempi.it/te-deum-laudamus-perche-ci-dai-la-forza-di-resistere#.VovRFstIjcs