Scuola e gender: i figli sono le prime vittime del nostro silenzio

Sulla questione gender nessuno ha fatto barricate, tutti d’accordo evidentemente. O quasi. L’educazione di genere entra nella scuola. È questo purtroppo il dato oggettivo ...

La riforma della scuola, voluta dal Governo Renzi, ha sollevato polemiche e accuse incrociate in Parlamento e nella società civile. Giudizi contrapposti ad arte che non sempre aiutano a districarsi nel labirinto della parole e delle leggi. Ma su una cosa non dovremmo avere dubbi e riguarda la questione gender.

di don Silvio Longobardi

 

Sulla questione gender nessuno ha fatto barricate, tutti d’accordo evidentemente. O quasi. L’educazione di genere entra nella scuola. È questo purtroppo il dato oggettivo. Così oggettivo che il ministro Giannini ha emanato una circolare per rassicurare (e zittire) le voci allarmate di quanti prevedono una “colonizzazione ideologica” (Papa Francesco) attraverso iniziative opportunamente mascherate.

Molti ricordano l’opuscolo Educare alla diversità nella scuola, stampato dall’Istituto Beck che li ha elaborati su un incarico di un ente governativo, cioè l’Unar (Ufficio Nazionale Anti-discriminazione Razziale). La decisa protesta di tante associazioni, alla quale si unì anche la voce del cardinale Bagnasco, ha costretto il Governo a ritirare l’opuscolo.

È vero, c’è il "consenso informato". È il minimo che si poteva prevedere. Attenti però: tra una legge della Repubblica e una circolare ministeriale c’è una bella differenza. È la legge che fa testo. La modifica di una legge richiede un complesso iter parlamentare. Per modificare o interpretare una circolare ci vuole poco, molto poco.

Possiamo sperare che l’applicazione della legge rispetti effettivamente la libertà ma è una speranza non priva di legittimi e fondati timori che potrà accadere proprio il contrario. Vedremo a chi spetta l’ultima parola e se davvero i genitori potranno opporre un rifiuto dinanzi ad iniziative che puzzano di ideologismo.

In ogni caso, tutto resta affidato alla coscienza vigile dei genitori e di quanti risvegliano o nutrono la loro coscienza. Ed è questo il vero problema. Quanti genitori seguono con coscienza i loro figli, e quanti si interessano dei contenuti culturali e quanti sono capaci di interpretare e fare il dovuto discernimento?

Per questo, abbiamo bisogno di iniziative forti, come quella che il 20 giugno ha portato in piazza un milione di persone. Queste manifestazioni hanno lo scopo di svegliare le coscienze assopite, sono un invito ad aprire gli occhi. Chi teme che la casa può bruciare, non può limitarsi a mandare timidi segnali, ha il diritto e il dovere di gridare per far udire tutti, qualche volta il linguaggio può essere o apparire un po’ fuori le righe, ma la posta in gioco lo impone.

Stiamo vivendo un passaggio emblematico della nostra epoca. Se oggi restiamo in silenzio, le prossime generazioni ci chiederanno dov’eravamo. Un tema complesso come questo richiede diversi e complementari linguaggi: abbiamo bisogno di parole forti per svegliare chi non ha ancora percepito la gravità del problema (la questione è più seria della percezione che noi abbiamo) e al tempo stesso di una proposta educativa ragionata per offrire una formazione adeguata e criteri che abilitino al discernimento. ...  È opportuno cercare di integrarle con la consapevolezza che qui, come altrove, dobbiamo custodire l’unità per combattere la buona battaglia.

 

fonte: puntofamiglia.net, 11/07/2015

http://www.puntofamiglia.net/puntofamiglia/2015/07/11/scuola-e-gender-figli-prime-vittime-del-nostro-silenzio/