Suicidio assistito

E’ la prima volta che accade in Italia e non può non generare sconcerto e tristezza - - -

Qualche giorno fa un uomo di 43 anni, tetraplegico, ha ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito. La decisione è stata presa dal comitato etico dell’ASL delle Marche successivamente alla sentenza emanata dal tribunale di Ancona. 

E’ la prima volta che accade in Italia e non può non generare sconcerto e tristezza per l’immane sforzo avviato per togliere la vita a un essere umano.

 
Nel profondo rispetto per chi vive una sofferenza così grande, questo avvenimento rappresenta una sconfitta dell’uomo, della società e delle istituzioni che hanno il dovere di lenire il dolore non di dare la morte.
 
Negli ultimi anni stiamo vivendo quello che i sociologi definiscono una “crisi di civiltà”, una preoccupante devianza sociale e culturale che vede sempre più famiglie sgretolarsi, sempre meno figli nascere.

Ormai in nome della libertà si giustifica qualsiasi azione, impera la violenza, i comportamenti aberranti. La persona non è più un valore, lo sono l’edonismo, il consumo, il denaro, il potere. In questo scenario è difficile dare un senso alla vita.

Questa cultura porta a un malessere della vita, a una sensazione di condanna e senso di oppressione e impotenza. Sempre più persone invocano di porre fine alle proprie vite.

Non dovremo arrivare a questo.
 
Noi tutti dovremmo sostenere e accompagnare chi si trova in situazioni estreme, chi vive malattie altamente invalidanti o in condizioni psicologiche fragili perché sentirsi soli è la vera malattia, la più grave e mortale delle malattie. Se un paese non riesce a creare una efficiente rete di solidarietà, di compagnia, di vicinanza, di attenzioni allora è un paese fallito.
 
Anche per il migliore dei comitati etici risulterebbe difficile rilevare con assoluta certezza quando una sofferenza fisica e psicologica possa diventare insopportabile. Laddove ci sia una sofferenza soprattutto di ordine psicologico è fondamentale fornire assistenza e aiuto, non dare l’indicazione del farmaco più idoneo a uccide.
Non si possono lasciare queste decisioni nella discrezionalità di funzionaria pubblici o altri, si rischia che col tempo abbassino la soglia.
Chi può stabilire se un malato ha il diritto di morire se non Dio?
 
Noi continuiamo a pregare e a diffondere il nostro pensiero: Il primo valore da salvaguardare è il  valore della vita perché è sacra.  E’ un dono prezioso, non la decidiamo, essa ci precede.

Non c’è compassione nel dare la morte, e legalizzare il suicidio assistito è un precedente pericoloso. Viviamo in un mondo in cui esiste la pena per il reato di omissione di soccorso, ci battiamo contro la pena di morte e poi permettiamo che queste pratiche disumane passino come una conquista dei diritti civili.

dal sito Novae Terrae