Dare la morte. Per legge.

A margine del pronunciamento sul suicidio assistito >>>

Riprendiamo la Dichiarazione del Prof. Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita e prorettore dell’Università Europea di Roma.

Con la decisione di non punire alcune situazioni di assistenza al suicidio, la Corte costituzionale italiana cede ad una visione utilitaristica della vita umana ribaltando la lettura dell’articolo 2 della nostra Carta che mette al centro la persona umana e non la sua mera volontà, richiedendo a tutti i consociati doveri inderogabili di solidarietà: da oggi non sarà più un dovere sociale impedire sempre e ovunque l’uccisione di un essere umano. 

Partendo da un caso di grave disabilità, il dj Fabiano Antoniani, e non da una situazione di malattia terminale, dove invece già era intervenuta la legge sul fine-vita del 2017, la Corte ha ceduto alla lettura ideologica dei radicali italiani che hanno dato origine al caso, sradicando la solidarietà che da sempre mira a impedire gesti estremi a chi versa in situazioni di fragilità, per aprire ad ipotesi di loro uccisione.

Dispiace che la riconosciuta saggezza del nostro supremo organo di garanzia sulle leggi non abbia colto l’impatto culturale che l’apertura al suicidio assistito potrà comportare sulle prassi sanitario-assistenziali anche, purtroppo, per motivi di costi e risparmi di spesa.

Ora, compito di quanti hanno a cuore la cura delle persone che versano in condizioni vulnerabili dovrà indirizzarsi verso la riduzione al massimo dell’impatto sociale di questa cruciale sentenza della Consulta.